Tra i candidati che sostengono la candidatura di Fabio Anselmo a sindaco di Ferrara, mi risulta ci sia una persona che è stata condannata per bancarotta fraudolenta con sentenza di patteggiamento divenuta irrevocabile pochi anni fa. Come noto, il reato di bancarotta fraudolenta è un delitto particolarmente odioso, che offende la fede pubblica e la par condicio dei creditori. A mio giudizio, non esattamente un merito di cui andare fieri da parte di chi si propone ai propri concittadini per essere eletto al governo di una città che considera giustamente la legalità un valore assoluto. Tra i sostenitori di Anselmo sono in molti ad avere chiesto a più riprese le dimissioni di esponenti del centro destra, sia a livello nazionale che locale, a fronte non di una condanna irrevocabile ma di un mero rinvio a giudizio, nonostante la Costituzione affermi solennemente il principio di innocenza fino a sentenza definitiva. Sono consapevole che la sinistra, in virtù della sua pretesa superiorità morale, sia convinta di poter emettere sentenze nei confronti degli avversari sulla base di principi che non reputa altrettanto vincolanti per se stessa. Tuttavia non posso esimermi dal rilevare una contraddizione insanabile tra l’autoproclamarsi campione della legalità, come senza sosta fa Anselmo, e l’arruolare tra le proprie fila chi è stato condannato per un fatto che credo difficilmente compatibile con il ruolo di pubblico amministratore. Sono curioso di sapere come Anselmo giustificherà questa incongruenza. Non vorrei che anche questa fosse una “sentenza politica” come egli stesso ebbe a definire la recente condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna nei confronti dell’ex sindaco di Portomaggiore e attuale segretario del Pd Minarelli, ritenuto responsabile, in secondo grado, del reato di omicidio colposo in seguito al disastro del poligono di tiro avvenuto nella sua cittadina.
* senatore di Fratelli d’Italia
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