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Sei condanne fino a 8 anni di reclusione e un’assoluzione per il crac Bames. È la sentenza decisa dal Tribunale di Monza al processo che vedeva 7 imputati di bancarotta fraudolenta per il fallimento della società vimercatese, ex Ibm poi Celestica, fiore all’occhiello della Silicon Valley brianzola e finita invece per chiudere i battenti nel 2013 lasciando a casa 850 lavoratori. I giudici hanno riconosciuto fondata l’accusa in merito all’importo complessivo di 12,7 milioni di euro di ritenute distrazioni e hanno inflitto 8 anni all’anziano patron della Bames, Vittorio Romano Bartolini, 6 anni al manager omonimo Giuseppe Bartolini, 4 anni e mezzo all’ex presidente di Celestica Italia, Luca Bertazzini e al membro del collegio sindacale Riccardo Toscano, 4 anni e 3 anni e 8 mesi rispettivamente ai colleghi Salvatore Giugni e Angelo Interdonato. Assolto, come richiesto dalla stessa Procura, l’ex ceo di Telit, l’israeliano Cats Oozi.

Concessa una provvisionale di 5 milioni di euro sul risarcimento dei danni alla curatela del fallimento e 5mila euro ciascuno per il danno morale ai 63 ex lavoratori della società. Il pm monzese Alessandro Pepè aveva chiesto condanne quasi fino a 10 anni parlando di “dissipazioni e distrazioni dolose”: 9 anni e 10 mesi per Vittorio Romano Bartolini, 8 anni per Luca Bertazzini e per Giuseppe Bartolini e 7 anni per i tre membri del collegio sindacale. I rappresentanti delle parti civili avevano chiesto 40 milioni complessivi di risarcimento dei danni. Il Tribunale ha assolto gli imputati da diversi capi contestati e una manciata di altri sono stati dichiarati prescritti. Per i due Bartolini interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per alcuni altri imputati, tra cui Bertazzini, inabilitazione professionale per la durata della pena.

Sotto accusa c’era un contratto di lease back e un finanziamento con cui Bames ha ottenuto circa 87 milioni di euro. Denaro che, in base alle ricostruzioni della Guardia di Finanza di Monza, è servito per acquistare partecipazioni in altre società e per finanziare altre aziende del Gruppo, mentre Cats Oozi era imputato di avere dissipato 16 milioni di euro ai danni della Bames a favore di Telit Communication attraverso la controllata Telit Wireless Solutions. La difesa degli imputati ha sostenuto che l’obiettivo era quello di ricollocare i dipendenti con un piano di reindustrializzazione condiviso con tutte le parti sociali che poi, invece, è naufragato a causa delle peggiorate condizioni del mercato del lavoro. Intanto i figli di Vittorio Romano Bartolini, Selene e Massimo, condannati in primo grado con il rito abbreviato al Tribunale di Monza a 4 anni e 8 mesi di reclusione, in appello hanno concordato per bancarotta da fraudolenta a semplice (reato estinto dalla prescrizione) e assoluzione per i reati fiscali.

Il timore delle parti civili era che venisse ricalcata una analoga interpretazione secondo cui non era stato considerato “il contesto economico, sia locale che mondiale, nel cui ambito Celestica Italia, poi Bames, si trovava ad operare, così come il fatto che l’intero affare era sorretto da un articolato business plan che appariva inizialmente del tutto sostenibile, tanto da avere ricevuto il placet da parte di istituzioni bancarie, sindacali e politiche”, si legge nella motivazione della sentenza di appello per i Bartolini junior. “I piani industriali dovevano contenere numeri e non soltanto intenti e dovevano essere anche periodicamente aggiornati in base all’evolvere della situazione”, ha invece ribattuto l’avvocato Giulio Tagliabue, difensore di parte civile della curatela fallimentare di Bames, che si è ritrovata con un passivo di 110 milioni di euro e centinaia di creditori.

 

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