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Il danneggiato, che agisca nei confronti dell’assicurazione della RCA del danneggiante, non può opporre all’assicuratore il giudicato di condanna ottenuto nei confronti del danneggiante. Per l’assicuratore, rimasto estraneo a quel giudizio, il suddetto giudicato riveste esclusivamente efficacia di prova documentale, al pari delle prove acquisite nel processo in cui il giudicato si è formato.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza del 9 luglio 2019 n. 18325 (testo integrale in calce), aderendo ad un indirizzo minoritario, contrario all’istituto dell’efficacia riflessa del giudicato.

Sommario

La vicenda

A seguito dello scontro tra un’autovettura e un motociclo, il motociclista riportava delle lesioni; ne derivava un procedimento penale, in cui il conducente dell’auto era condannato per lesioni personali colpose, nonché al risarcimento in favore del danneggiato, costituitosi parte civile. La compagnia assicuratrice del veicolo investitore non interveniva nel processo. Gli eredi del danneggiato agivano in via monitoria contro l’assicurazione del danneggiante al fine di ottenere il ristoro stabilito in sede penale; la compagnia proponeva opposizione. In primo grado, la somma veniva rideterminata e in sede di gravame, l’assicurazione era condannata al pagamento, in favore degli eredi, di circa 200 mila euro, oltre a mantenere indenne l’assicurato. Secondo la corte territoriale, trovava applicazione la cosiddetta “efficacia riflessa del giudicato”, in virtù della quale la sentenza di condanna al risarcimento del danno pronunciata nei confronti del conducente (responsabile civile) faceva stato, non solo in relazione alla sussistenza dell’obbligo risarcitorio del danneggiante, ma anche al correlativo debito nei confronti del suo assicuratore, benché questi non avesse partecipato al relativo giudizio. L’assicurazione, infatti, è titolare di una posizione giuridica dipendente dal rapporto su cui si fonda la sentenza e, in forza del nesso di pregiudizialità-dipendenza, il giudicato è efficace nei suoi confronti.
Sulla possibile opponibilità del giudicato al terzo rimasto estraneo al giudizio, interviene la Cassazione.

Sentenza emessa contro uno solo dei condebitori

L’assicurazione ritiene che la sentenza gravata abbia violato gli artt. 1306 e 2909 c.c., rispettivamente in materia di obbligazioni solidali e di efficacia del giudicato. In particolare, a mente dell’art. 1306 c.c., la sentenza pronunciata tra un creditore (nel nostro caso, il danneggiato) e uno dei condebitori solidali (il danneggiante), non ha effetto contro gli altri debitori (l’assicurazione). Nella fattispecie in esame, la compagnia assicurativa era rimasta estranea al giudizio, pertanto, non è ravvisabile il nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti giuridici perché, non essendo stata citata nel giudizio penale, si è verificata una scissione fra l’accertamento in sede penale e quello successivo a cui si poteva pervenire in sede civile. La Cassazione ritiene fondata tale doglianza e considera errato il riconoscimento dell’efficacia del giudicato verso l’assicuratore rimasto estraneo al giudizio. A tal proposito, la Corte evidenzia come si registrino due orientamenti, sulla possibilità del danneggiato di opporre il giudicato a lui favorevole, ottenuto nei confronti del solo danneggiante, verso la sua assicurazione RCA.

Opponibilità del giudicato: due orientamenti

Di seguito, i due diversi indirizzi emersi nella giurisprudenza di legittimità:

1) non opponibilità del giudicato al condebitore estraneo al giudizio.

Il primo orientamento è il più risalente e ritiene che il giudicato non possa essere opposto all’assicuratore, che sia rimasto terzo rispetto al rapporto processuale fra danneggiato e assicurato-danneggiante (Cass.10919/2011; Cass. 4192/2004; Cass. 3223/1976; Cass. 2859/1963). Infatti, i rapporti tra danneggiante e danneggiato e quelli tra assicuratore ed assicurato rimangono distinti ed autonomi; pertanto, «nell’ambito del rapporto tra assicurato e assicuratore la ricostruzione dell’incidente può portare a negare il diritto del primo ad essere manlevato dal secondo, anche se venga accertato (con efficacia di giudicato) il diritto al risarcimento del danno del danneggiato nei confronti del danneggiante, atteso che il giudicato formatosi nel primo rapporto non può avere efficacia in relazione al secondo, diverso rapporto processuale. Ragionando diversamente, del resto, si rimetterebbe al danneggiante assicurato un potere di disposizione in relazione alla posizione giuridica dell’assicuratore, che è diversa ed autonoma» (Cass.10919/2011).

2) opponibilità del giudicato al condebitore estraneo al giudizio.

Per il secondo orientamento, più recente e maggioritario, la sentenza di condanna al risarcimento del danno, pronunciata nei confronti del responsabile di un sinistro stradale, fa stato nei confronti del suo assicuratore della responsabilità civile, per quanto concerne la sussistenza dell’obbligo risarcitorio del danneggiante e del correlativo debito, anche se l’assicuratore non abbia partecipato al relativo giudizio. Infatti, l’assicuratore non è titolare di una posizione autonoma rispetto al rapporto cui si riferisce la sentenza, ma di una situazione giuridica dipendente da essa (Cass. 4241/2013; Cass. 1359/2012; Cass. 10017/2005; Cass. 12612/2001; Cass. 371/1979).

La Suprema Corte ritiene che l’indirizzo da seguire sia quello minoritario (il primo), in virtù di una lettura costituzionalmente orientata, nel rispetto del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del giusto processo (art. 111 Cost.)

La teoria del giudicato riflesso

La Corte, per motivare l’adesione all’indirizzo recessivo, ricostruisce le basi di quello maggioritario. Esso si fonda sulla teoria del giudicato riflesso, elaborata dalla dottrina degli anni Sessanta e fatta propria dalla giurisprudenza. Secondo la suddetta teoria, il giudicato ha una duplice efficacia:

  • efficacia diretta: nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa (art. 2909 c.c.);
  • efficacia riflessa: nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stato pronunciato, se tali soggetti siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione. Al contrario, l’efficacia del giudicato non si estende a chi sia titolare di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico definito con la sentenza (Cass. 8766/2019; Cass. 5411/2019; Cass.12252/2017; Cass. 24558/2015; Cass. 1237/1963; Cass. 3928/1968; Cass. 656/1970).

In buona sostanza, il presupposto dell’efficacia riflessa del giudicato risiede nel nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti giuridici.

Il fenomeno della pregiudizialità-dipendenza

Nel caso di specie, rileva che il giudicato emesso nel rapporto pregiudicante (tra danneggiato e danneggiante) produca effetti nel processo pregiudicato (verso l’assicuratore). Esemplificando, la responsabilità risarcitoria del danneggiante:

  • costituisce l’effetto della fattispecie di illecito civile (il sinistro),
  • costituisce, anche, fatto costitutivo dell’obbligo dell’assicuratore di tenere indenne il danneggiante (in virtù del contratto assicurativo).

In altre parole, sussiste un collegamento inscindibile tra il rapporto principale (volto all’accertamento della responsabilità civile) ed il rapporto di garanzia. Ciò premesso, secondo la teorica del giudicato riflesso, il giudicato fra danneggiato e danneggiante (rapporto pregiudicante), in relazione all’esistenza della responsabilità ed all’ammontare del debito, è opponibile all’assicuratore, che non abbia partecipato al giudizio fra danneggiato e danneggiante, ove l’assicurato agisca per essere tenuto indenne dalle conseguenze della sua soccombenza, ovvero agisca in sede risarcitoria lo stesso danneggiato nel caso di assicurazione obbligatoria (rapporto pregiudicato).

Corso RCA e infortunistica stradale


Obbligazione ad interesse unisoggettivo e solidarietà atipica

In materia di responsabilità civile automobilistica, «la relazione di pregiudizialità-dipendenza è ciò che rende ad interesse unisoggettivo un’obbligazione la quale, per effetto dell’azione diretta, diventa obbligazione solidale». Infatti, l’azione diretta è posta in essere dal danneggiato (creditore) nei confronti dell’assicurazione del responsabile civile (condebitore solidale), assicurazione con cui il danneggiante è litisconsorte necessario per espressa previsione di legge (art. 144 c. 3 d.lgs. 2019/2005). Quindi, l’assicurato-danneggiante risponde per l’intero danno, mentre l’assicurazione nei limiti del massimale e ambedue sono responsabili in solido verso il danneggiato. In proposito, si parla di obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo, proprio perché un’obbligazione (quella dell’assicurazione) esiste, se esiste l’altra (quella dell’assicurato) e, nel rapporto interno tra i condebitori (assicurato e assicurazione), il debito ricade interamente su una parte (ossia sull’assicuratore, che è obbligato ex contractu nei confronti del danneggiante ed ex lege nei confronti del danneggiato). La ratio della solidarietà passiva tra assicuratore e responsabile civile verso il danneggiato è da ricercarsi nella volontà di rafforzare l’interesse del creditore, coerentemente allo scopo della legge 990/1969, ormai superata dal Codice delle Assicurazioni private (Cass. 23057/2009; Cass. 15462/2008; Cass.  4005/2001; Cass. 5883/1999; Cass. 6128/1995; Cass. 4950/1988; Cass. 6428/1982). A tal proposito, ci si esprime in termini di solidarietà atipica, poiché il debito aquiliano dell’assicurato discende ex delicto (ossia dal fatto illecito) ed è illimitato, mentre quello di natura indennitaria dell’assicuratore deriva ex lege e trova limite nel massimale (Cass. 7993/2002; Cass. 5262/2001; Cass. 6128/1995).

Applicabilità dell’art. 1306 c.c.

Al lume di quanto sopra, emerge come la fattispecie in esame si inserisca nella solidarietà passiva e, pertanto, trovi applicazione l’art. 1306 c.c., a mente del quale il giudicato, intervenuto fra danneggiato e danneggiante,

  • non vale contro il terzo assicuratore;
  • vale, invece, a favore dell’assicuratore, se questi manifesta la volontà di avvantaggiarsene.

La solidarietà passiva:

  • consente l’operatività del solo giudicato favorevole al terzo-assicuratore,
  • impedisce l’effetto del giudicato riflesso (che, invece, conseguirebbe al nesso di pregiudizialità-dipendenza).

Da quanto sopra, scaturisce un’incoerenza interpretativa a livello sistematico, infatti, al di fuori dell’ipotesi in cui ricorra la solidarietà passiva, il giudicato dispiega efficacia anche verso il terzo titolare del rapporto dipendente. Così, rimanendo in tema di assicurazione obbligatoria, all’assicuratore:

  • non si estende il giudicato sfavorevole, in caso di azione promossa nei suoi confronti dal danneggiato (si applica l’art. 1306 c.c.);
  • si estende il giudicato sfavorevole, in caso di azione di rivalsa proposta dal danneggiante (non si applica l’art. 1306 c.c.).

Infatti, la regola dettata dall’art. 1306 c.c. riguarda i rapporti tra il creditore (nel nostro caso, il danneggiato) e i condebitori solidali (danneggiante e assicuratore), ma non copre il rapporto tra assicurato-danneggiante e assicuratore, in sede di regresso. Secondo la Cassazione, l’opponibilità del giudicato al terzo titolare del rapporto dipendente, oltre all’incoerenza di cui sopra, ne crea una duplice: sul piano processuale e costituzionale.

Incoerenza processuale dell’opponibilità del giudicato

Secondo le argomentazioni del giudice di legittimità, la teoria dell’efficacia riflessa del giudicato si pone in contraddizione con due istituti processuali: la chiamata ad istanza di parte e il litisconsorzio processuale.

1) La norma processuale sull’intervento del garante su istanza di parte (art. 106 c.p.c.) comprende due ipotesi. Con la chiamata in causa:

a)      il garantito esercita l’azione di regresso verso il garante;

b)      il garantito provoca solamente la partecipazione del garante al processo, senza proporre domande verso di lui.

La partecipazione al processo del garante (di cui al punto b), senza proposizione della domanda nei suoi confronti, mira a rendergli opponibile il giudicato sul diritto pregiudiziale fatto valere tramite la domanda. Pertanto, se la legge, per estendere gli effetti del giudicato, postula la chiamata ex art. 106 c.p.c., non è coerente che la teoria dell’efficacia riflessa ne consenta l’opponibilità – senza chiamata – e solo in virtù del nesso di pregiudizialità-dipendenza. «Si tratta del resto di una possibilità negata dalla stessa Cass. S.U. 24707/2015 […], la quale menziona la dottrina secondo cui il giudicato sul rapporto pregiudiziale senza la partecipazione al processo del terzo garante non è a lui opponibile […]. È significativo che questo importante arresto delle Sezioni Unite smentisca, sia pure in obiter dictum, la teorica dell’efficacia riflessa».

2) Il litisconsorzio necessario processuale sopravviene in fase di appello e mira a prevenire la formazione di giudicati che, in mancanza della necessaria persistenza delle parti in sede di impugnazione, potrebbero essere contrastanti. Si contrappone al litisconsorzio necessario sostanziale (art. 102 c.p.c.) che, invece, è originario, in quanto protettivo dell’interesse dell’attore ad un provvedimento giurisdizionale utile. Ciò premesso, nel caso impugnazione, l’attore soccombente dovrà proporre appello anche verso il garante, visto il sopravvenuto litisconsorzio processuale. Solo a tale condizione, l’eventuale giudicato favorevole all’originario attore potrà esplicare effetti nel rapporto tra garante e garantito. È di tutta evidenza che questa conclusione si pone in contraddizione con la teoria dell’efficacia riflessa del giudicato. Infatti, in forza di tale teoria, gli effetti del giudicato si estendono per il sol fatto del nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti; inoltre, non è richiesta la partecipazione del titolare del rapporto dipendente al processo relativo al rapporto pregiudicante.

Incoerenza costituzionale dell’opponibilità del giudicato

La teoria dell’efficacia riflessa del giudicato nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente appare in contrasto con la tutela del diritto di difesa del terzo (art. 24 Cost.) completato dal principio del giusto processo (art. 111 Cost.). Infatti, applicando l’efficacia riflessa «ciò che integra il fatto costitutivo della domanda risulterebbe accertato in modo irretrattabile senza il contraddittorio con il convenuto e senza che questi possa esercitare il diritto di difesa». [1]

Conclusioni

Dall’art. 1306 c.c., in materia di obbligazioni solidali, emerge il principio generale secondo cui il terzo può giovarsi degli effetti del giudicato a lui favorevole, qualora manifesti l’intenzione di avvalersene, e può opporli al soggetto che è stato parte del processo pregiudicante confluito nel giudicato. Al di fuori di quanto sin qui esposto, il giudicato tra danneggiato e danneggiante assume efficacia di prova nei confronti dell’assicuratore, sia quando agisca il danneggiato in sede di azione diretta, sia quando agisca il danneggiante in sede di rivalsa. Infatti, si può tenere conto anche delle prove acquisite nel processo svoltosi nei confronti del solo responsabile civile [2].

In conclusione, la Corte enuncia il seguente principio di diritto:

«il giudicato di condanna del danneggiante non può essere opposto dal danneggiato che agisca in giudizio nei confronti dell’assicuratore in assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e ha in tale giudizio esclusivamente efficacia di prova documentale, al pari delle prove acquisite nel processo in cui il giudicato si è formato».

CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N. 18325/2019 >> TESTO IN PDF



[1] Una volta superata la teoria dell’efficacia riflessa, si pone il problema del bilanciamento degli interessi tra il principio del contraddittorio e quello di coerenza degli accertamenti giudiziali. A tal proposito, occorre distinguere la posizione del successore a titolo particolare nel processo e del terzo. A) In base al combinato disposto degli artt. 111 c. 4 c.p.c. (successione a titolo particolare nel diritto controverso) e 2909 c.c. (cosa giudicata), il giudicato spiega efficacia nei confronti del terzo che sia succeduto nel diritto oggetto del giudicato; in questa fattispecie, la compressione del contraddittorio deriva dall’esigenza di fornire una tutela effettiva alle parti del giudizio originario. B) I casi in cui il giudicato produce effetto anche verso i terzi sono indicati dalla legge. Ne sono un esempio l’opposizione di terzo revocatoria (art. 404 c. 2 c.p.c.) e la norma che estende gli effetti della sentenza tra locatore e conduttore al subconduttore (art. 1595 c. 3 c.c.).

[2] Non trova applicazione il principio contenuto nell’art. 1485 c. 1 c.c.. La norma dispone che il compratore, convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, qualora non abbia chiamato in causa il venditore e sia condannato con sentenza passata in giudicato, perde il diritto alla garanzia, se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda. La dottrina ritiene che il suddetto principio trovi applicazione nel caso delle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo (come l’obbligazione dell’assicuratore della RCA). «L’onere di provare che vi erano ragioni per disattendere la domanda, ed in particolare l’esistenza del diritto ceduto, incombe sul venditore perché la circostanza accertata nel primo processo è propria del terzo convenuto nel secondo giudizio, al pari delle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo quali si rinvengono nel rapporto fideiussorio e nella responsabilità per fatto altrui (art. 2049 c.c. e art. 2054 c.c., comma 3). La circostanza accertata nel processo ove è stato convenuto il fideiussore, il padrone o il proprietario del veicolo è propria rispettivamente del debitore principale, del domestico o del conducente del veicolo. Non altrettanto può dirsi per l’assicuratore, posto che la circostanza pregiudiziale attiene proprio al convenuto del primo processo, il danneggiante. Anche dunque nel caso di esercizio della rivalsa da parte del danneggiante, come nel caso di azione diretta promossa dal danneggiato, il giudicato relativo al rapporto pregiudiziale e le prove raccolte nel relativo processo restano prova documentale di cui l’attore può avvalersi nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore, senza che possa trovare applicazione il principio alla base dell’art. 1485 c.c., comma 1».

 

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