Una svolta nel diritto fallimentare: esdebitazione e redditi Futuri.
La recente sentenza n. 6, datata 19 gennaio 2024, della Corte Costituzionale italiana[1] ha segnato una svolta epocale nella gestione dei debiti dei soggetti civili sovraindebitati. Questo pronunciamento ha illuminato un nuovo percorso nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. n. 14/2019, CCII), affermando che la procedura di liquidazione controllata può ora basarsi esclusivamente sui redditi futuri dei debitori.
Cenni della liquidazione controllata.
La liquidazione controllata è una procedura di sovraindebitamento, disciplinata dal D.lgs. n. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, di seguito “CCII”).
Si tratta di una procedura concorsuale e non negoziale, a carattere esecutivo – satisfattivo, finalizzata a liquidare l’intero patrimonio (o meglio i beni pignorabili) del debitore e ad utilizzare il ricavato per soddisfare i creditori, nel rispetto della par condicio creditorum.
Tale procedura, dal punto di vista soggettivo, è accessibile da parte di consumatori [ovvero, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e) del CCII, persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta], e imprenditori, i quali non superino la soglia di fallibilità [ovvero che, negli ultimi tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza, non superino alcuna delle soglie previste dall’art. 2, comma 1, lett. d), relative all’attivo patrimoniale, ai ricavi e ai debiti], imprenditori agricoli, start-up innovative, o comunque imprenditori che, al momento di presentazione della domanda, non siano assoggettabili a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza.
Sotto il profilo oggettivo, per accedere alla procedura, il debitore deve trovarsi in stato di insolvenza (cioè non essere più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni) o anche solo di crisi, cioè nella situazione in cui l’insolvenza è statisticamente probabile (in quanto manifestata dall’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi), ma non certa.
Ai sensi dell’art. 268 del CCII, sono legittimati a domandare l’apertura della procedura, oltre al debitore, anche i creditori; dunque, la procedura di liquidazione controllata, diversamente da quella di ristrutturazione dei debiti del consumatore e dal concordato minore, può essere aperta anche in via coattiva, contro la volontà del debitore.
Se fino al mese di ottobre dello scorso anno, la giurisprudenza di merito (decreto 114/2023)[2] ha ribadito l’inammissibilità della liquidazione controllata in assenza di redditi futuri, la Consulta ribaltando i recenti orientamenti giurisprudenziali – e depositando la prima sentenza in materia di Codice di crisi d’impresa – con sentenza n. 6 del 19 gennaio 2024 si è inoltre pronunciata sulla durata della liquidazione controllata, ammettendo che tutte le quote future di reddito che eccedono la necessità di mantenimento del debitore sovraindebitato possono essere acquisite per lo scopo di liberare pro futuro il debitore stesso.
Superamento delle controversie legali: la decisione della Corte.
Fronteggiando le perplessità sollevate dal tribunale di Arezzo, la Corte Costituzionale ha dissipato le incertezze riguardo l’articolo 142, comma 2, del CCII. Il dilemma era incentrato sull’assenza di un limite temporale minimo per l’inclusione dei beni sopravvenuti del debitore nel corso della procedura concorsuale. La Corte, tuttavia, ha stabilito che tali beni possono essere inclusi nella liquidazione controllata, prescindendo da un termine minimo.
Intrecci normativi e implicazioni pratiche.
La Corte ha precisato che, secondo l’articolo 268, comma 4, lettera b), del CCII, è possibile acquisire alla procedura di liquidazione controllata quelle parti di stipendi e pensioni che superano le necessità di mantenimento del debitore e della sua famiglia. Inoltre, l’articolo 282 del CCII mira a reinserire il debitore nel tessuto economico e sociale, esentandolo dai debiti pregressi dopo tre anni dall’inizio della procedura.
L’approccio innovativo nei casi di redditi futuri unici.
Quando un debitore dispone esclusivamente di redditi futuri, il liquidatore deve elaborare un piano di liquidazione che copra il periodo fino all’esdebitazione, il quale non può essere inferiore a tre anni. Questo metodo, in linea con l’articolo 272, comma 3, del CCII, cerca di bilanciare i diritti dei creditori con le opportunità di un nuovo inizio per il debitore.
In conclusione, la sentenza n. 6 del 2024 della Corte Costituzionale rappresenta una pietra miliare nel diritto fallimentare italiano, offrendo ai debitori sovraindebitati la possibilità di un nuovo inizio basato sui loro redditi futuri, rispettando al contempo i diritti dei creditori[3].
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[1] V. eius.it/giurisprudenza/2024/0200971.
[2] Vd. Tribunale Rimini, 05 Ottobre 2023. Est. Miconi.
[3] Fonti: italiaoggi.it – Esdebitazione con redditi futuri; dirittodellacrisi.it – Durata della liquidazione giudiziale senza ben; pmi.it – Piano di rientro con i redditi futuri; ipsoa.it – Liquidazione controllata senza limite temporale; dirittodellacrisi.it – Limiti di durata della liquidazione giudiziale.
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