Sono lavoratori poveri, disoccupati, piccoli imprenditori, partite Iva. In gran parte uomini (il 60 per cento nel 2022), per circa un terzo padri di famiglia con figli minorenni a carico. Persone che, nonostante gli sforzi, non riescono più a rimborsare i debiti che hanno contratto per cercare di tirare avanti. È l’istantanea, impietosa, che si ricava dai dati dello Sportello Sovraindebitamento della Città Metropolitana di Torino, istituito nel 2020 per offrire supporto agli insolventi (ad eccezione delle imprese).
Il servizio si propone di fornire un primo ascolto e di orientare queste persone verso altri servizi dedicati, come quelli erogati dalle fondazioni anti-usura (garanzie fino a 30 mila euro per accedere ai prestiti), o direttamente a un Organismo di composizione della crisi, ovvero il soggetto che — per legge — deve curare dalla A alla Z la procedura introdotta con la legge «salva suicidi» del 2012, che dà ai privati la possibilità di dichiarare fallimento come le imprese. Un servizio, quello nato in seno all’Ufficio Welfare, che ha appena 3 anni di vita, ma ogni dodici mesi ha visto raddoppiare, o quasi, gli accessi e le richieste di aiuto. Nel 2020 infatti vi si sono rivolte 57 persone, mentre l’anno successivo erano già 116, salite a 207 nel 2022. Al 30 giugno di quest’anno i colloqui svolti sono stati 149, segno che, se fosse anche solo confermato il trend sarebbe quasi sei volte superiore a quello del 2020 e il 50 per cento in più rispetto a un anno fa.
Se guardiamo alla distribuzione geografica, la crescita è stata più pronunciata nel capoluogo: qui si è passati dai 30 accessi del 2020 ai 100 del 2022, nella cintura ovest da 7 a 29, da 2 a 26 a sud di Torino, da 3 a 16 nell’hinterland nord. Una fotografia pressoché identica a quella scattata dall’Occ Modello Torino, l’organo di composizione della crisi dell’Ordine degli avvocati e dei commercialisti. Qui gli operatori hanno ricevuto 100 persone nel 2020, 170 nel 2022 e 118 solo nei primi sei mesi di quest’anno.
Numeri che vanno interpretati con ovvia e giusta cautela, ma che un po’ dappertutto parlano di un fenomeno in crescita. Il target è davvero vario: vi rientrano consumatori, piccole e medie imprese, commercianti, artigiani, professionisti, imprenditori agricoli ed enti privati non commerciali. Tra di loro, il 12% dichiara di essere senza reddito, mentre l’8% guadagna meno di 500 euro al mese (dati 2022, i famosi lavoratori poveri). Questo bacino, di cui fanno parte lavoratori poveri, disoccupati, ex percettori del Reddito di cittadinanza, pensionati e titolari di attività in passivo, nel primo semestre di quest’anno è più che raddoppiato, arrivando al 17%.
Le cause del sovraindebitamento sono varie (e ordinarie, come ad esempio un divorzio o un licenziamento) e qualche volta in mezzo ci si mette una dipendenza. «Se la persona è già seguita da un SerD possiamo aprire la procedura per l’amministrazione di sostegno», spiega Diego Lopomo, responsabile dello Sportello. Alla fine dell’iter i più diligenti (o fortunati) ottengono l’esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti contratti prima della proposta di accordo del debitore o del piano del consumatore. Per tutti gli altri la luce in fondo al tunnel resta lontana.
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